Anni 50: Gli albori
Il tifo organizzato in Italia vede la luce negli anni ‘50, quando i tifosi delle principali squadre italiane iniziano a organizzarsi e a fondare i primi club. E’ un tifo genuino, spontaneo e con tratti folkloristici, ma che inizia a vedere nuclei di persone che si aggregano per seguire la squadra del cuore.
Con il rapido diffondersi del calcio nell’Italia del dopoguerra, questi club si espandono rapidamente e coinvolgono gruppi di tifosi di tutte le città italiane. Già in questi anni compaiono le prime bandiere negli stadi italiani!
Anni 70: La nascita degli Ultras e i primi scontri
Già sul finire degli anni ’60 nascono in Italia i primi nuclei ultrà, gruppi di ragazzi spesso giovanissimi (tra i 15 e i 20 anni) che decidono di vivere le partite della loro squadra del cuore in maniera alternativa e innovativa, come nessuno prima di allora aveva mai fatto. Questi ragazzi presero posto al centro della curva del loro stadio e iniziarono a esporre gli striscioni con i vari nomi dei gruppi, oltre a bandiere coi colori della propria squadra.
La caratteristica principale di questi nuovi gruppi è la partecipazione attiva alle partite, al contrario di come si era sempre fatto, scoprendo e sviluppando un senso di aggregazione che diventerà un elemento fondamentale per tutti i gruppi ultras.
Sempre in questo periodo compaiono negli stadi le trombe e i tamburi (già esistenti nelle tifoserie brasiliane) e gli ultras copiano dagli inglesi la “sciarpata”: le sciarpe vengono alzate e distese dai tifosi mostrando i colori della propria squadra e creando quindi uno stupendo effetto ottico.
Fanno la loro entrata negli stadi italiani anche i primi fumogeni, razzi e bengala che danno vita alle prime vere e proprie coreografie.
È proprio negli anni ’70, dunque, che il tifo diventa sempre più parte integrante della partita e dalle curve nascono sempre più spesso cori e canti di incitamento per la propria squadra: i tifosi diventano quindi il cosiddetto “dodicesimo giocatore”.
Elementi fondamentali che compaiono all’interno dei gruppi ultrà sono violenza e politica. Infatti sempre più spesso negli stadi italiani ci sono bandiere raffiguranti armi o elementi che richiamano comunque la violenza, come pure bandiere che con simboli politici veri e propri (croci celtiche, svastiche, immagini di Che Guevara, ecc.).
Con l’avvento degli ultrà, anche le intemperanze del pubblico crescono notevolmente e si moltiplicano gli scontri tra giovani di diverse fazioni. È il caso del match Torino – Sampdoria e del derby Roma – Lazio, entrambi del 1974: inizialmente dalle curve volò in campo qualsiasi oggetto che capitasse tra le mani degli ultras per finire con violente risse sui gradoni degli stadi tra fazioni opposte, obbligando la polizia ad intervenire con un fitto lancio di lacrimogeni.
Sugli spalti italiani sempre più spesso si verificano episodi simili e ben presto gli scontri tra ultrà prendono luogo anche all’esterno degli stadi, originando una vera e propria guerriglia urbana.
Le rivalità ultras più accese, e di conseguenza i disordini tra opposte tifoserie, si verificano nei derby tra squadre della stessa città, nelle partite in cui si rivivono antichi dissapori di campanile o molto spesso quando si incontrano tifoserie appartenenti a colorazioni politiche opposte.
Questi scontri erano alimentati dal fatto che negli anni ’70 non esisteva ancora l’odierno “settore ospiti”, quindi i tifosi in trasferta prendevano posto in vari settori dello stadio, spesso a contatto con i tifosi locali. Fu proprio per questo motivo che a ogni partita dove si incontravano tifoserie nemiche si registravano cariche da parte di una delle due fazioni per rubare stendardi, pezze e bandiere della tifoseria opposta, che venivano considerati veri e propri trofei di guerra!
I maggiori scontri accaduti negli anni ’70 si verificarono, oltre che nei derby stracittadini, nel 1975 in Lazio – Napoli (un accoltellamento) e in Milan – Juventus (stessa scena). Nel 1977 durante Atalanta – Torino gli ultras si affrontarono sugli spalti con spranghe di ferro. L’anno successivo pesanti scontri avvengono in Vicenza – Verona: le due tifoserie si fronteggiarono in maniera violentissima. Il 28 ottobre 1979 durante il derby di Roma, un tifoso laziale (Vincenzo Paparelli) viene colpito alla testa da un razzo sparato dai tifosi giallorossi della curva sud. Il ragazzo morirà in pochi minuti. Nella stessa domenica accaddero gravi incidenti nelle partite Ascoli – Bologna, Inter – Milan e Brescia – Como.
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Anni 80: Espansione del movimento Ultras
In questo decennio avviene un progressivo e rapido ingrandimento di tutti i gruppi ultrà. Dal nord e dal centro Italia il fenomeno ultras si sposta anche al sud, fino ad arrivare ad interessare anche le categorie minori. Ormai in tutte le città italiane sono presenti gruppi di ragazzi che danno vita alla tifoseria locale. Questo moltiplicarsi dei gruppi ultrà genera, inevitabilmente, la nascita di una complessa rete di amicizie e forti rivalità.
In questi anni l’immagine degli ultras si propone come modello continentale, dando il via ad un movimento che toccherà l’Europa intera. Gli ultrà italiani, pur ammettendo le influenze inglesi, si considerano superiori agli hooligans nordici sia nel tifo sia nella “forza d’urto”, anche grazie al fatto che le nostre squadre di calcio possono contare su un seguito di tifosi assai più ampio e costante rispetto al passato.
Nel panorama ultrà italiano prende sempre più valore la trasferta, momento fondamentale nella vita di un ultras, alla quale partecipano solo i tifosi più attaccati ai colori e incuranti dei pericoli. Presentarsi in alcuni stadi “caldi”, infatti, era un’esclusiva di pochi ma era comunque un segno di forza e orgoglio il fatto di portare in trasferta lo striscione del gruppo per testimoniare la propria presenza; se questo non accadeva era considerato un disonore e un sintomo di timore verso gli altri gruppi ultras di casa.
L’aumento del pubblico in trasferta rese necessario un maggiore sforzo per organizzare il trasporto da parte delle Ferrovie dello Stato. Per non intasare ogni domenica i già affollati treni di linea, si crearono i cosiddetti “Treni speciali”, adibiti esclusivamente al trasporto dei tifosi in trasferta.
Negli anni ’80 le tifoserie iniziano a creare coreografie sempre più spettacolari, chiedendo molto spesso un contributo economico alle società, anche se mai apertamente dichiarato.
Di pari passo con le note positive e creative di colori e sostegno alle squadre, anche la cronaca nera molto spesso si deve occupare di ciò che avviene negli stadi. Si diffonde l’uso delle armi da taglio, soprattutto a Milano e Roma. I disordini nei giorni delle partite si moltiplicano anche nelle piccole città. Nel febbraio del 1984 il match di Coppa Italia tra Triestina e Udinese si conclude con gravi scontri: un giovane tifoso triestino, Stefano Furlan, viene ripetutamente colpito dalle manganellate degli agenti di polizia, entrando in coma e morendo il giorno successivo.
Solo 8 mesi più tardi, al termine di Milan – Cremonese, viene accoltellato a morte Marco Fonghessi.
Nel corso degli anni ’80 si registra un aumento spropositato di consumo di cannabis in quasi tutte le curve italiane. La stessa simbologia ultrà viene radicalmente trasformata e le immagini della foglia di marijuana fa la sua comparsa su decine e decine di striscioni appesi negli stadi.
In questo periodo il movimento ultras italiano può dirsi dunque sulla cresta dell’onda. Tutti i gruppi contano, infatti, su moltissimi aderenti, i quali vivono l’essere ultrà come vero e proprio stile di vita.
Anni 90: La metamorfosi del tifo organizzato.
Nel corso degli anni novanta ci troviamo di fronte ad una forte crisi del movimento ultras, che lascia solo presagire i profondi cambiamenti che muteranno in modo concreto una parte fondamentale del mondo del calcio.
Quella degli ultras è sia una crisi generazionale, quanto di vera e propria sopravvivenza in un sistema che impone un cambiamento radicale e che rischia di trasformare la vita di curva in una moda più che in uno stile di vita. I forti ostacoli tra i vari gruppi, legati a stretti concetti campanilistici e politici, ne impediscono una fattiva e reale collaborazione.
Ad inizio anni novanta i gruppi ultras sono una realtà consolidata, riescono ad influenzare le scelte societarie, preparano spettacolari coreografie e rendono uniche le atmosfere allo stadio con cori ossessivi, ripresi con stupore dalle televisioni nazionali, portando addirittura alla ribalta alcuni capi ultras che diventano volti noti alle masse. Il crocevia è segnato dalla data del 29 gennaio 1995 con l’omicidio di Claudio Spagnolo, tifoso genoano, accoltellato da un tifoso milanista appartenente al minuscolo gruppo dei Barbour.
Questo fatto scatena immediatamente un forte dibattito che vede coinvolte istituzioni, opinione pubblica, gruppi ultrà e media. Il mondo ultras si trova in un momento difficile con diversi problemi legati al frazionamento delle curve in piccole frange, lo scioglimento di storici gruppi che fino ad allora facevano da punto di riferimento, il tutto sintetizzabile come una forte crisi identitaria dell’ambiente ultras.
Si arriva ad un preannunciato e doveroso raduno degli ultrà, in occasione del quale si fermarono persino i campionati di calcio, dove però non si ottennero grandi risultati ma solo un comunicato sintetico dal titolo “basta lame basta infami” ispirato dalla mentalità conservatrice degli ultrà bergamaschi. Negli anni successivi il progressivo frazionamento dei gruppi organizzati e l’avvento delle nuove generazioni mostrarono una situazione complicata da gestire che sembrava aver smarrito i valori costruiti in decenni di permanenza.
In un sistema di grandi cambiamenti come l’avvento della pay-tv e da una forte presa di posizione delle forze dell’ordine e dello Stato nei confronti degli ultras, il proseguimento dei raduni mostrava come fosse presente nella coscienza degli ultrà la pericolosità di quel momento storico che sembrava potesse portare anche alla loro estinzione.
Gruppi come la Fossa dei Grifoni del Genoa e le Brigate Gialloblù dell’Hellas Verona si sciolsero sostenendo come fosse impossibile per loro riconoscersi in quella situazione. Anche il famoso CUCS di Roma raggiunse l’annunciato fallimento, ritrovatosi negli ultimi anni novanta a governare una curva spenta e depressa.
Si comincia a parlare di “calcio moderno”, le tifoserie si schierano contro la nuova tipologia di tifo che vede il sopravvento della pay-tv, il progressivo frazionamento delle partite e le maggiori restrizioni nel poter accedere agli stadi sia in casa che in trasferta ma la cosa più rilevante è che l’entità dei gruppi ultras inizia a mutare. La curva viene gestita con un aspetto sempre più manageriale e sempre meno legato alla mentalità ultrà che trovava le sue origini negli anni ’70.
Si innesca il fenomeno delle grandi coreografie, imitate in tutta Europa, dove da sempre il tifo italiano è fonte di ispirazione. Le coreografie diventano sempre più impressionanti, costose e indispensabili per ogni partita di cartello, sostituendo progressivamente il lancio di coriandoli e fumogeni caratteristico di quei tempi.
Per quanto riguarda l’estetica della curve e le mode con le quali veniva espressa, sempre nel corso degli anni ’90 assistiamo ad una contrapposizione che vede da una parte i simpatizzanti del modello inglese con i caratteristici stendardi e i cori spontanei e dall’altra i tradizionalisti che incarnano il modello classico all’italiana caratterizzato da una forte identità, organizzazione del gruppo e coreografie. In conclusione si arriva in molti casi ad una fusione dei due ambiti. Negli anni ’90 alcuni gemellaggi o semplici rapporti d’amicizia vengono meno ma la maggioranza di questi restano forti, come ad esempio quello tra Torino e Genoa, mettendo in luce l’importanza di questi rapporti ed evitando di mettere a rischio un gemellaggio per colpa di gesti isolati. Gli ultrà si attivano anche con giornali fanzine e siti internet per esprimere il proprio sdegno contro le numerose diffide e far sentire la propria voce contro ogni ingiustizia dei nuovi provvedimenti. Emblematico fu lo striscione esposto dalla “Fossa dei leoni” rossonera, che recitava: “leggi speciali, oggi in curva, domani in tutta la città”.